Truman – Un vero amico è per sempre

Truman ci riconcilia con la natura umana, e con il cinema nella sua capacità di raccontarla
Truman – Un vero amico è per sempre

Il madrileno Tomas parte dal Canada dove si è trasferito per recarsi dal suo migliore amico Julian, attore argentino trapiantato a Madrid. Tomas ha solo quattro giorni da trascorrere con Julian, e sa che il suo amico ha poco tempo da vivere. Ma entrambi rifiutano di inscenare un addio, preferendo entrare insieme nello spaesamento che precede la morte, e che comporta anche decisioni pratiche non più rimandabili. Fra queste la più difficile riguarda Truman, il cane di Julian, per cui si dovrà trovare una casa e una famiglia, dato che il suo padrone non potrà più occuparsene. E anche in questo Tomas non lascerà solo il suo amico, costi quel che costi.
Il regista spagnolo Cesc Gay compie un piccolo miracolo: raccontare gli ultimi giorni di un uomo senza pietismo o retorica dei sentimenti, commuovendoci nel profondo, facendoci sorridere (e ridere) nonché riflettere sull’importanza delle relazioni fra le creature viventi, compreso Tru(e)man, “vero uomo” in quanto esempio di mascolina fedeltà e dedizione. Fedele e devoto è Tomas che, come ogni vero amico, non molla mai, ma lo sono anche le donne della vita di Julian e il figlio Nico. Ognuno, parente prossimo o conoscente occasionale, reagisce alla dipartita imminente secondo le proprie umane capacità, riservando delusioni o sorprese. E Julian reagisce a tutti con quell’onestà e franchezza che gli derivano dal ribaltamento delle priorità che avviene in chiunque si confronti con la morte.
Cesc Gay affronta la storia di Truman con altrettanta onestà e franchezza, sviluppando una narrazione autentica, creando un gruppetto di personaggi totalmente credibili e inevitabilmente amabili: separarsi da loro sarà difficile per gli spettatori come lo è per Tomas staccarsi da Julian, e viceversa. La sceneggiatura non ha un solo momento di inautenticità o di furbizia (compreso l’utilizzo del cane a scopo straziante), una sola caduta di stile o di tensione emotiva, anche se quella tensione viene spesso stemperata dall’umorismo che deriva dalla profonda assurdità non già della morte, ma della vita stessa, perché ognuno vive, e muore, come può.
Niente è scontato nei personaggi di Truman o nelle svolte della loro storia, eppure tutto ha un senso, è umanamente comprensibile, né mai il regista sottovaluta l’intelligenza e l’esperienza di vita degli spettatori, che (ri)conoscono ognuna delle reazioni di Tomas e Julian, fuori dai cliché del melodramma. Ricardo Darin nei panni di Julian e Javier Camara in quelli di Tomas sono straordinari e straordinariamente credibili. La loro amicizia è di quelle che tutti vorrebbero perché comporta un’accettazione totale dell’altro, manchevolezze comprese.
Gay sa capire, e raccontare, ciò di cui “c’è bisogno”, non solo in punto di morte ma in corso di vita. La sceneggiatura, scritta con Tomàs Aragay, centellina le informazioni inserendole lentamente in punti precisi della storia, come ingredienti da aggiungere solo al momento giusto, con infinita delicatezza. “Sii forte”, si dicono Tomas e la moglie proprio all’inizio del film, prima che lui parta per Madrid: ed è l’invito del regista, che ci vuole coraggiosi e generosi come Tomas e Julian, perché (altrimenti) quello che resterà di noi è “molto poco”.
La regia e gli attori non manipolano i nostri sentimenti ma li guidano senza falsi pudori nel centro pieno della storia e nel cuore gonfio dei suoi eroi del quotidiano, centellinando le lacrime (che sgorgheranno comunque copiose fra il pubblico) e modulando l’accompagnamento musicale per raccontarci come sono fatti gli uomini, e le donne, di quali meschinità ma anche di quale grandezza sono capaci.
Truman ci riconcilia con la natura umana, e con il cinema nella sua capacità di raccontarla.

Truman – Un vero amico è per sempre
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