Marco e Giulia sono una coppia senza figli che vive un presente fatto di bei vestiti, serate danzanti e sesso infuocato, convinta che il senso di colpa dei genitori sia il business più florido di questo millennio. I loro amici Anna e Carlo invece sono – almeno dal punto di vista di Marco e Giulia – zavorrati da una prole fagocitante e trasformati da esseri umani adulti e indipendenti in carcerati senza una vita propria. Dopo che Marco e Giulia hanno combinato un disastro epocale durante il compleanno di sua figlia, Anna lancia contro di loro un anatema, e i due gaudenti si ritrovano improvvisamente genitori di tre pargoli, e costretti a fare fronte a situazioni e ruoli che hanno evitato per tutta la vita. Riusciranno i nostri eroi a ritornare alla vita di prima, come desiderano più di ogni altra cosa?
Dopo il modesto esordio con Tiramisù, Tre di troppo è un deciso passo avanti per Fabio De Luigi in veste di regista, perché mostra la sua capacità di dirigere a ritmo serrato di commedia, qualità rara nel cinema italiano contemporaneo.
Ma a funzionare sono anche la sceneggiatura, scritta da De Luigi con Lara Prando e Michele Abatantuono e le interpretazioni degli attori, in primis De Luigi e Virginia Raffaele che funzionano molto bene come coppia comica nei ruoli centrali – anche se la fuoriclasse resta Barbara Chichiarelli che interpreta il personaggio di Anna a metà fra la satira e l’horror.
Il copione di Tre di troppo segue il format della commedia anglosassone in cui un evento soprannaturale altera radicalmente la realtà quotidiana dei protagonisti, ma non si limita a scimmiottarlo e cerca invece una strada originale che mantenga un minimo di autenticità di fondo, in questo caso basata sull’assunto “italiano” che l’istinto verso la genitorialità sia quasi imprescindibile nonostante il mestiere di genitori sia quasi inaffrontabile.
Ciò che è opinabile è l’ambientazione lussuosa e fictional che ha ben poco di riconoscibilmente italiano e scansa qualsiasi considerazione sociopolitica nostrana che riguardi proprio il tema della genitorialità: i personaggi di Tre di troppo sembrano abitare quella stessa bolla di benessere e quella stessa estetica globalizzata che rende le commedie italiane contemporanee assai lontane dall’esperienza reale degli spettatori. E se il ballo iniziale fra Marco e Giulia è divertente e utile a delineare i personaggi in commedia, quello finale (non diremo fra chi per non fare spoiler) è davvero retorico e formulaico.
Ma resta interessante e reale la domanda centrale del film: che ci vuole a fare i genitori? Chiunque abbia figli (come, evidentemente, De Luigi) sa che occorrono doti da inventarsi in corsa, di fronte ad eventi inattesi e a situazioni imprevedibili che mettono in gioco tutto ciò che credevamo di essere. Tre di troppo mostra come essere genitori significa innanzitutto farsi concavi e cedere all’accoglienza dell’altro, invece che all’egocentrismo narcisista che caratterizza la nostra epoca.