The War – Il pianeta delle scimmie

LA TRILOGIA PREQUEL TROVA IL SUO COMPIMENTO TRA ESPLOSIONI, EFFETTI SPECIALI E OMAGGI AI CAPISALDI DEL CINEMA DI GUERRA
The War – Il pianeta delle scimmie

Nonostante la morte di Koba, la guerra scatenata da questi tra le scimmie e gli umani procede senza sosta. I soldati americani, guidati dal Colonnello, vogliono catturare Cesare, geniale condottiero dei primati super-intelligenti, e ristabilire il primato della razza umana.

Era inevitabile che la conclusione della trilogia di Cesare, prequel del capitolo originario della saga de Il pianeta delle scimmie, si accompagnasse a battaglie, esplosioni e spargimenti di sangue.

Quel che forse era meno lecito attendersi è la rivendicazione di una natura smaccatamente postmoderna, che va ben oltre i riferimenti da B movie di Kong: Skull Island o il post-tutto che porta Quentin Tarantino a riscrivere la storia. Matt Reeves, regista (non-)autore del cinema contemporaneo, risolve il problema di un modello ingombrante scrivendo, letteralmente, sui muri il proprio debito. L'”Ape-ocalypse Now” graffito nel tunnel, sotto il campo di prigionia, vanta pochi precedenti in termini di citazionismo palese, non fossero bastati i monologhi di un Woody Harrelson più kurtziano del colonnello Kurtz. E con lui il western, il prison movie, Sturges, i classici di Renoir (La regola del gioco e La grande illusione): tutti trovano spazio in un affresco ambizioso che molto accumula ma poco rielabora, in linea con la tendenza al sincretismo e la condanna alla superficialità dei franchise contemporanei.

Ma rispetto a questi ultimi The War vanta almeno una caratteristica tale da renderlo unico: lo straordinario lavoro compiuto su Cesare da Andy Serkis, Lon Chaney del terzo millennio, rappresenta un mutamento storico del linguaggio cinematografico e del ruolo dell’attore. Se si possono imputare dei passaggi a vuoto, specie nel terzo segmento ambientato nello pseudo-gulag gestito dal Colonnello, il problema non è mai rappresentato dalla credibilità dei protagonisti scimmieschi. Molti i primi piani e gli scambi, anche muti, tra i personaggi di Cesare, Maurice e Rocket che reggono buona parte del film sulle proprie spalle. Tra le molte letture possibili – il relativismo filosofico, che garantisce la visione della vicenda da ogni punto di vista e porta a comprendere anche le ragioni del villain – vi è quella della segregazione razziale.
Notevole in questo senso l’introduzione di Bad Ape, lo “zio Tom” del gruppo di primati: un ex scimpanzé dello zoo, talmente abituato alla cattività sotto gli umani da accettare come nome un insulto. Un personaggio quasi slapstick nelle sue goffe movenze che ancora una volta rimanda alle origini del cinematografo e all’utilizzo in chiave circense di animali come Bad Ape, obbligato qui a convivere con una nuova ed emancipata generazione di primati.
Una prova di audacia insolita per il cinema mainstream americano, concentrata più sugli aspetti strutturali e tecnologici che su quelli strettamente narrativi e di sceneggiatura

The War – Il pianeta delle scimmie
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TERMINATA