TARTARUGHE NINJA – CAOS MUTANTE

RITORNANO LE TARTARUGHE NINJA, CON ANIMAZIONE ACCATTIVANTE ED ENFASI SUL LATO NERD-ADOLESCENZIALE.
TARTARUGHE NINJA – CAOS MUTANTE

Lo scienziato Baxter Stockman, scheggia impazzita della misteriosa società TCRI, ha condotto esperimenti di mutazione su varie specie animali. Dopo l’esplosione del suo laboratorio, il fluido di mutazione si diffonde nelle fogne di New York, provocando effetti irreversibili su topi e tartarughe. Nascono così Leonardo, Donatello, Raffaello e Michelangelo, addestrati dal loro “papà” adottivo, il topo mutato Splinter, a divenire guerrieri ninja. Quando sono in età adolescenziale, le fogne cominciano a star loro strette e così le tartarughe tentano di integrarsi nella società degli uomini. Questi ultimi tuttavia sono terrorizzati e disgustati appena li scorgono, finché non conoscono la giornalista April, che vorrebbe coinvolgerli in un piano per sgominare SuperFly, una mosca super-intelligente e bipede che minaccia New York.

I tentativi di rianimare il franchise delle tartarughe ninja non si contano più e dopo gli ultimi flop pochi si attendevano un altro reboot. Ma l’idea di affidare l’operazione agli onnipresenti Seth Rogen e Evan Goldberg (SuxbadFacciamola finita) ha convinto gli studios a dar vita a una nuova incarnazione degli eroi verdi.

Prevedibilmente, quando si ha a che fare con Rogen, l’enfasi è sul lato nerd e adolescenziale dei personaggi, con citazioni assortite e humour salace ad arricchire la loro natura di emarginati, desiderosi di condurre una vita normale ma impossibilitati a farlo dalla singolarità della loro natura. Un desiderio di inclusività e di essere accettati che suona familiare nella contemporaneità degli anni Venti del terzo millennio, in cui le tematiche sulle minoranze sono in cima all’agenda liberal statunitense. In origine le Tartarughe nascevano come metafora della minoranza afroamericana e del loro difficile e secolare percorso verso una compiuta integrazione, in un’America inesorabilmente razzista e velatamente segregazionista.

Oggi, come timidamente vuole far comprendere lo script, le tartarughe e i loro amici mutanti incarnano la “diversità” in tutte le sue forme: amori interrazziali e desiderio di accettazione per i “diversi” di ogni natura, comprese le giornaliste umane, che vomitano per il disagio non appena una telecamera le inquadra. Con contorno di tempesta ormonale e battute da (eterni) immaturi, che sono marchio di fabbrica delle sceneggiature del tandem Rogen-Goldberg. C’è molta autoironia nell’aria, e lo si evince già nel prologo narrato da Jackie Chan (voce di Splinter) sul fatto che niente di tutto ciò abbia senso.

Quasi una premessa per giustificare l’operazione, non richiesta ma in qualche modo apprezzabile. Rogen e i suoi sembrano dire: “Ok, sapete che si tratta di una cosa scema, spegnete il cervello e provate a divertirvi”. La questione è riuscire a farlo, ottenebrati come siamo da quintali di supereroi e origin story, di cinecomic e prodotti rivolti a nerd di varie età, immancabilmente appagati da riferimenti pseudo-nozionistici o da incroci con la cultura pop. Questi ultimi, prevedibilmente, si sprecano nel reboot di Jeff Rowe: brani hip hop anni 90 – Wu-Tang Clan, A Tribe Called Quest – ripescaggio di cult anni ’80 – la sequenza in cui le tartarughe vedono Ferris Bueller – e strizzate d’occhio a Avengers e Beyoncé.

TARTARUGHE NINJA – CAOS MUTANTE
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