SOLE CUORE AMORE

INGRESSO LIUBERO - CASTIGLIONE CINEMA FEDERICO PONTIGGIA INTERVISTA ISABELLA RAGONESE
SOLE CUORE AMORE

Castiglione Cinema – RdC Incontra

Rassegna Cinematografica – Ingresso Libero

Il critico Federico Pontiggia intervista l’attrice ISABELLA RAGONESE

Ogni mattina Eli si sveglia prima che faccia giorno e affronta una traversata di due ore a bordo di pullman, metropolitane e autobus per raggiungere il posto di lavoro. Fa la barista in zona Tuscolana a Roma, ci sa fare con i clienti che apprezzano le sue crostatine fatte a mano, e ci mette del suo per rendere un incarico malpagato (in nero) qualcosa di vitale e gratificante. Del resto, con quattro figli da mantenere e un marito che ha voglia di lavorare ma nessuno che gli dia un incarico serio, c’è poco da fare la difficile: dunque Eli sopporta l’ignavo padrone del bar e la sua moglie maleducata, e sogna un futuro più semplice e più stabile. Vale è una performer che usa la danza moderna per esprimere la propria combattività, la stessa che la spinge a difendere la sua partner da un “impresario” violento e a litigare con la madre, borghesuccia col tubino nero e i pareri non richiesti. Ele e Vale sono amiche da sempre, anzi, “sorelle”, hanno in comune l’amore per il ballo, che Ele ha accantonato per tirare su famiglia, e il desiderio di non soccombere alla quotidianità. Una battaglia che richiede generosità e fatica: ma di fatica si può anche morire, in un presente in cui la frustrazione implode senza trovare un riscatto sociale.
Daniele Vicari, sempre attento a raccontare un’Italia credibile, affronta con coraggio la brutalità che la crisi economica incoraggia e legittima, mettendo sotto assedio uomini e donne di buona volontà. È coraggiosa anche la scelta di rivelare uno dei segreti più gelosamente custoditi nell’Italia delle apparenze: che tante donne si fanno il mazzo per portare avanti una vita dignitosa accanto a mariti annichiliti dall’azzeramento identitario che deriva al maschio italico dall’essere estromesso dal settore produttivo. Vicari rappresenta le scelte femminili come sempre più dettate dalle necessità immediate, e implicitamente domanda: per quanto tempo ancora ci immoleremo a questa vita da criceto sulla ruota?
Delle due linee narrative quella dominante riguarda dunque Eli, ben impersonata da Isabella Ragonese, che porta in dote anche il ricordo delle sue interpretazioni in Tutta la vita davantiLa nostra vita. La storia di Vale appare accostata artificialmente, non ha un arco narrativo sufficientemente sviluppato e rischia di sconfinare nel pretenzioso anche perché è quella cui il film riserva la maggiore cura estetica, con l’aiuto del direttore della fotografia Gherardo Gossi. Del resto Vicari, autore della regia e della sceneggiatura, è abbastanza saggio da circondarsi di professionisti di qualità, come il montatore Benny Atria e il musicista Stefano Di Battista, che crea una colonna sonora jazz adatta a sollevare la narrazione verso una percezione più sofisticata delle esistenze minime della piccola borghesia contemporanea.
La parabola di Eli avrebbe retto bene da sola: una via crucis la cui protagonista rifiuta di viversi come vittima sacrificale, e inserisce umorismo, sensualità e mestiere in un’esistenza lottizzata al millimetro, gran parte della quale spesa a bordo dei mezzi pubblici (come ben sa ogni pendolare in balia della rete di trasporti regionale). Inevitabile l’arrivo al punto di rottura, quello cui tutti noi, nel presente italico, prima o poi arriviamo, chiedendoci come ci siamo arrivati. La vera piccola storia ignobile però appartiene al proprietario del bar interpretato da Francesco Acquaroli con infinite sfaccettature, sempre riconoscibile, impossibile da odiare eppure spregevole nella sua infingardaggine. Sono quelli come lui, e sono tanti, a perpetuare l’infamia quotidiana dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, e ancora di più sulla donna.

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