SENZA PAROLE – il film

Il film di montaggio di Michelangelo Buffa che espone i suoi collages nello spazio espositivo del Nuovo Cinema Caporali
SENZA PAROLE – il film

SENZA PAROLE

il film di montaggio dalle opere di Michelangelo Buffa che espone i suoi collages nello spazio espositivo del Nuovo Cinema Caporali

 

[…] dell’operosa officina multimediale (numerosi film in 8mm, super8mm, in supervhs, vhs, in digitale: tutta l’evoluzione degli apparati tecnici della ripresa cinematografica underground e homemovie) del filmeur Michelangelo Buffa (1948), presentiamo alcuni recenti lavori, una serie di collages, elaborati durante il periodo pandemico. Come è evidente, anche nelle elaborazioni grafiche, l’autore rimanda alla sua principale fonte di ispirazione e di creazione, cioè il cinema, sia come collezionista di locandine e manifesti, sia come cinephile. Anzi fonde le teste di questo giano bifronte, che è l’appassionato di cinema, rende omaggio al cinefile del cinephile, se posso richiamare l’invenzione linguistica e concettuale del filosofo Jean-Luc Nancy, secondo cui il primo è il puro e semplice amateur du cinéma, connesso all’affatturazione percettuale, il secondo ne costituisce la sublimazione estetica. Infatti questa serie di collages, pur richiamando una tradizione grafica pop, sono di continuo attraversati da lampi cinematografici, solcanti un cielo da cui non cade mai la pioggia ristoratrice dei racconti, bensì il frammento, la scheggia, lo strappo, come se fosse in azione una memoria fallace ma puntigliosa o una passione devota, ma perversa: l’ars combinatoria di un cinefilo competente e spavaldo. Nessun titolo autorizza la lettura dei lacerti, né orienta la direzione degli sguardi: la maggior virtù di colui che attende all’oscura matassa delle immagini è liberare lo spettatore e la spettatrice dalla tirannia del senso unico. Che rimanga senza parole, così che possa in solitudine o in compagnia trovarle; al tempo stesso che le immagini siano tali fino in fondo, nella loro fulgida e breve vita: questo oggi mi sento di svolgere dal titolo attribuito alle serie dall’autore, senza un attimo di esitazione. Sappiamo, per consuetudine di amicizia e di visione, che il cineasta non ama la trasparenza delle immagini, quelle che si prestano alla proliferazione dei racconti, che sviano la forma nel tema, bensì guarda alla loro materialità, al riconoscimento della loro fatturazione, alla grana della loro presenza, al tempo della loro (im)permanenza. Non è soltanto una questione estetica, bensì autobiografica, di lunga formazione al lavoro con le immagini fisse e in (falso) movimento. Si assegna infine un compito (im)possibile: liberare le immagini imprigionate da quella che un tempo si chiamò industria culturale, che non è scomparsa affatto, anzi ha moltiplicato le sue officine, soltanto che noi non ce ne accorgiamo più, non sentiamo più questa prigionìa, pensiamo che tutto questo lavorìo nasca dal grembo di una naturale costumanza. L’arte vigile e critica ha la tendenza allo svelamento di questo inganno.

(a cura di Roberto Lazzerini)

 

MICHELANGELO BUFFA

Michelangelo Buffa è nato a Brusson, in Val d’Ayas (Valle d’Aosta), nel 1948.

Ha fatto gli studi a Torino, prima al Liceo artistico poi alla Facoltà di Architettura.

Inizia da giovanissimo a scrivere di cinema collaborando regolarmente con la rivista “Filmcritica”.

Nel 1974 è fra i fondatori dello storico Movie Club, il circolo torinese di critici, studiosi e cinefili.  Ritorna in Valle d’Aosta nel 1976 dove inizia la professione di insegnante, organizza corsi di cinema per studenti e insegnanti e collabora con la sede Rai regionale come critico cinematografico. Scrive pe la rivista di cinema “Panoramiques”.

Come regista e videomaker inizia negli anni Sessanta con una 8mm Bolex a fuoco fisso per continuare il suo “cinema privato” fino ad oggi, utilizzando diversi supporti, dal video analogico a quello digitale.

I suoi lavori vengono presentati al Museo del Cinema di Torino, all’Infinity Festival di Alba e, più recentemente, alla Cineteca di Roma oltre che in diversi festival tra cui quello di Comboscuro per opere in lingua provenzale dove vince il primo premio.

Dal 2000 ha lavorato al BREL di Aosta – Bureau Régional pour l’Ethnologie et la Linguistique – in qualità di documentarista occupandosi dell’archivio video dell’Assessorato all’Istruzione e Cultura della Regione Autonoma Valle d’Aosta.

Dal 2000, inizio dell’era digitale, si è inoltre dedicato alla fotografia analogica utilizzando una Hasselblad 6×6. Il tema preferito e indagato con profondità è la Natura nei suoi vari aspetti. Questa esperienza si prolunga per un ventennio dando luogo a diverse esposizioni.

Attualmente è in pensione e continua la sua attività di documentarista, di filmeur amante della sperimentazione e di fotografo.

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