Film controverso, criticato per alcune piccole forzature storiche e per come abbia evitato di “rimestare nel torbido”, omettendo alcune parentesi della tormentata esistenza della leggendaria cantante, nata nel 1942 a Memphis, Tennessee.
Eppure, al netto delle critiche, Respect è un biopic che incanta proprio attraverso la musica, la voce, il suono. Non a caso la regia è firmata da Liesl Tommy, prima donna afro-americana ad aver vinto un Tony Award per il Musical Eclipsed.
Musical è la parola chiave. L’esordio al lungometraggio di Liesl Tommy è evidentemente erede della sua lunga esperienza a Broadway. E così la vita di Aretha Franklin si trasforma in un racconto dove la musica prevale sulla parola.
Come la musica ha scandito la vita di Aretha fin da bambina, insieme alla fede e a l’impegno politico, sempre in prima linea per la comunità afro-americana, questi tre elementi diventano ora il cuore pulsante di Respect.
Ovviamente, senza edulcorare il tormento, i traumi e i lati più oscuri dell’esistenza di Aretha Franklin, indimenticabile interprete di Think, Amazing Grace e quel brano di Otis Reding che saprà trasformare nella sua più straordinaria hit, Respect.
Respect: La trama
- Aretha Franklin ha dieci anni ma si esibisce già alle feste e nella chiesa di suo padre, il Reverendo C.L. Franklin (Forest Whitaker), amico e mentore di Martin Luther King.
Dopo aver sofferto la separazione dei genitori, Aretha ancora bambina dovrà affrontare anche l’improvvisa morte di sua madre Barbara (Audra McDonald). Mentre una sera, proprio nel corso di una di quelle feste che tanto amava, inizia a subire pesanti molestie sessuali.
La ragazza avrà due figli in giovanissima età. Ma a sedici anni ottiene il suo primo contratto discografico, iniziando faticosamente la sua strada verso il successo, alla ricerca della canzone perfetta per esprimere tutta la sua personalità.
Il film seguirà Aretha Franklin attraverso il suo tormentato matrimonio con il suo manager Ted White (Marlon Wayans), uomo autoritario e violento. Racconterà il processo di arrangiamento delle sue prime grandissime hit, quindi la sua relazione con il tour manager Ken Cunningham (Albert Jones).
In un periodo particolarmente oscuro, il riavvicinamento alla religione e al gospel come genere di riferimento per la comunità afro-americana segnerà per lei un intenso momento di rinascita.
Respect: Recensione
“Biographical musical drama”. Questa la definizione tecnica di Respect, biopic che riesce a proiettarci in una dimensione dolente e magica, dove la musica invade la scena e trasforma anche il più drammatico degli scenari.
Certo, gli autori hanno scelto di omettere alcuni aspetti della vita di Aretha Franklin, ad esempio la sua eterna lotta con il peso, la sofferenza causata dalle critiche e la cattiveria dei media, sempre pronti ad attaccarla proprio sul versante fisico.
Allo stesso modo, resta avvolta nel mistero anche l’identità dell’uomo che ha insidiato Aretha bambina. La cantante non ha mai rivelato il nome del padre dei suoi primi due figli, avuti a dodici e quattordici anni, se non in uno dei suoi testamenti olografi, specificando per altro che l’uomo non dovesse ricevere un centesimo.
In compenso, Respect si concentra su un altro aspetto fondamentale (e poco ricordato) nella vita di Aretha Franklin. Ovvero, il suo impegno come attivista. Se Marthin Luther King è stato un punto di riferimento fondamentale, anche dopo il suo assassinio, nel 1968, Aretha resta un simbolo della comunità afro-americana.
Il film di Liesl Tommy si concentra poi sul tormentato rapporto tra Aretha e suo padre, quindi sugli anni del suo matrimonio con Ted White. Una storia di abusi fisici e psicologici, da cui pure la donna troverà il coraggio di liberarsi.
Il risultato è un film che non ha nulla della celebrazione acritica o dell’agiografia dei santi. Al contrario, una grandissima Jennifer Hudson sa restituire tutti i demoni di Aretha, raccontandoci come un trauma irrisolto possa perseguitare anche una diva che apparentemente ha tutto, ai vertici della sua carriera.
Una delle figure più influenti della Musica del ‘900 viene così rappresentata in tutta la sua fragile umanità. Ma anche ricordata per le sue idee e le sue rivendicazioni, riportando il discorso dal gossip alla politica, per un film intimamente legato al movimento Black Lives Matter.
Quello che conquista delle due ore e mezza del biopic Respect è comunque la musica, per un’opera che resta più vicina alla struttura drammaturgica di un Musical che non alla classica sceneggiatura del biographical drama.
L’interpretazione impeccabile di Jennifer Hudson fa il resto. Respect è un film che ammalierà i cultori del genere, ma che saprà prendere al cuore anche gli spettatori che non rientrano tra i profondi conoscitori del Soul, del Gospel o della discografia di Queen Aretha.