READY PLAYER ONE

UN AFFRESCO VASTO E ONNICOMPRENSIVO QUANTO IL PARADISO DI TINTORETTO
READY PLAYER ONE

Columbus, Ohio, 2045. La maggior parte dell’umanità, afflitta dalla miseria e dalla mancanza di prospettive, si rifugia in Oasis, una realtà virtuale creata dal geniale James Halliday. Quest’ultimo, prima di morire, rivela la presenza in Oasis di un easter egg, un livello segreto che consente, a chi lo trova e vince ogni sfida, di ottenere il controllo di Oasis.
Fin dalle prime anticipazioni, Ready Player One ha generato un’enorme aspettativa. La musica deliziosamente anni Ottanta e kitsch. La sfida tecnologica che vede Steven Spielberg alle prese con il digitale come mai prima d’ora.

La sensazione di un’opera definitiva sull’escapismo e il citazionismo, fenomeni che contraddistinguono, e in parte bloccano, la nostra epoca.

A conti fatti, forse “definitiva” non è la parola adatta per contraddistinguere Ready Player One, ma per una precisa intenzione dell’autore più che per un fallimento. A Spielberg interessava confezionare il perfetto meccanismo di intrattenimento, non una riflessione filosofica su sogni e bisogni dell’uomo. Portando fino in fondo la schizofrenia che caratterizza la sua carriera, in cui il narratore storico di Lincoln e The Post convive felicemente con il Peter Pan di Hook o di Ready Player One. Non c’è condanna dell’escapismo, ma umana comprensione per chi evade da una realtà priva di speranze. E se il ritorno al reale è un passaggio obbligato per il successo dell’eroe, questo non contraddice il fatto che il protagonista Wade, senza aver trascorso tonnellate di ore in Oasis, non avrebbe mai avuto una chance di salvezza.

Il videogioco e la cultura satellitare del microcosmo nerd rappresentano un sostegno e una lezione di vita. La forza trascinante di Oasis, che mira a un livello di capacità immersiva degna dei migliori videogame, è ancor più percepibile quando accostata alle scene ambientate nel mondo reale, dimesse e ordinarie, a tal punto da non sembrare girate dallo stesso regista. Se anche nella visione di Matrix realtà e virtuale erano contrapposti e la prima era dominata da colori grigi e paesaggi desolanti, il senso attribuito al virtuale è opposto: prigione per i Wachowski, oasi e unica speranza per Spielberg.

READY PLAYER ONE
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