PRIMADONNA (ingresso libero)

IL RITRATTO DI UNA DONNA CHE CI RICORDA DI LOTTARE CONTRO LE LEGGI IMPOSTE DAL POTERE DOMINANTE DEGLI UOMINI
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Nella Sicilia degli anni Sessanta, Lia Crimi ha ventun anni e un sogno ‘celeste’: essere una Madonna nella rappresentazione natalizia. Ma il prete, come il Paese, fa resistenza a questa ragazza che ama dissodare i campi col padre e ha una simpatia spiccata per Lorenzo Musicò, figlio del boss locale. Ma quel sentimento di ammirazione volge presto in disprezzo. Rapita e violata da Lorenzo, lo denuncia ai carabinieri. Inizia per Lia un lento calvario che la condurrà in tribunale a sfidare una legge che tutela la ‘fuitina’ e lo stupro, che protegge il maschio aggressore e riduce la donna a un corpo violabile.

Nel 2021, Marta Savina dirige lo spot del celebre cornetto Algida sulle note di Ariete (“L’ultima notte”). Davanti al mare e dentro una bella estate italiana, un ragazzo guarda il mondo innamorarsi. Il claim dello spot, “questa estate la passo con te…”, traduce il desiderio di ‘stare insieme’ tra un bagno al mare e un gelato scartato, un desiderio che almeno oggi può contare sulla reciprocità, principio alla base di qualsiasi relazione paritaria.

Siamo lontani dall’Italia bigotta degli anni Sessanta che Pasolini trascinò fuori dal talamo per portarla sullo schermo a discutere di questioni fino a quel momento tabù: desideri, fantasie, ruoli familiari, omosessualità, verginità, divorzio, libertà, corna, gelosia, prostituzione, onore, fuitina. Il privato diventa pubblico in Comizi d’amore, incontro a cielo aperto su spiagge, ponti, angoli delle strade, giardini. Molto lontano dal confessionale ma sulla strada che è la forma più spontanea di convivialità mediterranea.

Pasolini attraversa l’Italia, porge il microfono e interroga le cose più segrete, pone domande sull’amore, dominio in cui si incrociano il sesso, la coppia, il piacere, la famiglia, i fidanzamenti coi loro costumi. Le risposte sono date in termini di legge: pro e contro la preminenza del marito, pro e contro la verginità per le ragazze… Come se la società italiana dell’epoca (1965), tra i segreti della penitenza e le prescrizioni della legge, non avesse ancora trovato una voce per questa confidenza pubblica del sesso diffusa oggi dai nostri media. Intorno al poeta qualcuno approva, qualcuno brontola, qualcuno risponde, qualcuno ha paura, soprattutto in Sicilia, ancora in bianco e nero. Su uno sfondo brullo, le donne sono perennemente in lutto, mentre i ragazzini fingono di non sapere come nascano i bambini e gli uomini sono a pronti a uccidere per difendere l’onore. Il sesso è tabù e la fuitina, ‘fuga d’amore’ in accordo per forzare il matrimonio contro il parere dei genitori, è sancita dalla legge.

Dove finiva il viaggio antropologico di Pasolini, più sensibile alla “bellezza antica” del Sud e alle emozioni forti del “buon selvaggio”, inizia quello di Marta Savina che gira Viola, Franca nel 2017, testimoniando in un corto la sfida al potere di Franca Viola, diciassette anni nel 1966. Fanciulla di Alcamo, quello di Cielo e della sua “rosa fresca aulentissima”, che per prima rifiutò il matrimonio riparatore e trascinò in tribunale il suo stupratore. La prima ad avere contezza della gravità dell’abuso e a dargli un nome, quello vero. Incurante della “moralità” e della legge condivisa del tempo, mantenne la sua posizione e cambiò le regole del gioco il 2 gennaio del 1966. Bisognerà attendere però il 1981 perché il “matrimonio riparatore”, che estingueva il reato di stupro, venga definitivamente cancellato dal codice penale.

La regista toscana torna di nuovo su questa impavida ragazza del sud, le cambia il nome ma conferma la sua interprete, Claudia Gusmano, attrice bruna e nivea, discreta e sensibile, capace di far emergere personaggi singolari come Lia, “primadonna” a denunciare l’orrore. Con la complicità di Marta Savina, Gusmano disegna un ritratto dinamico e intraprendente, una giovane donna con aspirazioni (essere attrice della propria vita e dentro un ‘quadro vivente’), con desideri precisi e affatto conformi (dissodare i campi con la pala e declinare la leva dell’economia domestica), con il gusto del dettaglio (il fermaglio) contro il ‘falso grossolano’, con la volontà di bastarsi da sola (il suo mondo guarda oltre Lorenzo Musicò).

Colpita nel corpo e nella sua libertà di donna, la protagonista assume la sua esperienza che cade all’interno di un sistema di rapporti e di valori falsi. Dietro al suo rifiuto della violenza, c’è soprattutto la volontà di costruire altre relazioni sociali. Savina prende il controllo della parola e dell’immagine per dire le reazioni psicologiche e lo sconvolgimento morale che derivano da una relazione ottenuta senza consenso e senza piacere (contrariamente alla leggenda invereconda che è l’alibi maschile e che la regista sottolinea in un passaggio delicato del processo).

Film a tesi, Primadonna si concentra sul trauma, sulla necessità di lottare e di illuminare il pubblico su idee consolidate, intorno alla mascolinità e al suo potere dominante, dalla legge e dagli uomini. Al pensiero patriarcale, il film contrappone la gentilezza ‘poetica’ di un avvocato (Francesco Colella) e quella incommensurabile di un padre (Fabrizio Ferracane), per dire anche l’amore e gli slanci del cuore. Marta Savina non trascende mai il suo soggetto, probabilmente per raggiungere una platea popolare e portare più lontano il messaggio. Bisogna accettare la convenzione ma forse si poteva osare. Come Lia, come Franca. Tra Madonna e puttana, scelgono il mondo plurale e complesso.

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