Il permesso – 48 ore fuori

L'OPERA SECONDA DI CLAUDIO AMENDOLA, A METÀ STRADA FRA NOIR E ANALISI SOCIALE.
Il permesso – 48 ore fuori

Dal carcere di Civitavecchia escono con un permesso di 48 ore 4 detenuti: Rossana, 25 anni, arrestata in aeroporto per traffico di cocaina; il cinquantenne Luigi condannato per duplice omicidio che ha già scontato 17 anni di pena; Angelo, venticinquenne finito in prigione per una rapina compiuta con complici che non ha mai denunciato; Donato, 35 anni, condannato pur essendo innocente. Le due giornate verranno utilizzate da ognuno di loro per cercare di ritrovare e ritrovarsi nelle realtà che hanno lasciato da tempo.

Claudio Amendola al suo secondo film ha deciso di non tornare ai toni della sua opera d’esordio (una commedia) ma di affrontare una modalità di narrazione che sta fra il noir e l’analisi sociale.

I suoi quattro protagonisti hanno storie, età e culture differenti ma sono uniti dal luogo che, seppure temporaneamente, stanno lasciando. C’è chi ne conosce da lungo tempo la dura realtà e chi, perché più giovane, vede nell’uscita un’occasione per metterselo non solo idealmente alle spalle.

Nella sceneggiatura, scritta con Roberto Jannone e con Giancarlo De Cataldo, Amendola ha introdotto echi di storie che ha interpretato in passato e la sua attenzione verso un sottobosco metropolitano costituito da esseri umani segnati da una realtà violenta che sembra essere, anche grazie al carcere, entrata nei loro geni anche se vorrebbero potersene disfare. Sono così Luigi e Donato alla ricerca di una possibile futura stabilità familiare ma attratti magneticamente dal bisogno di far scorrere sangue, fosse anche il loro.

I due personaggi più giovani sono distanti anni luce sul piano sociale ma non hanno perso del tutto l’idea che un futuro diverso sia possibile anche se tutto (amici per Angelo e madre per Rossana) sembra muoversi in senso opposto. Amendola dirige con mano ferma l’interessante e multiforme cast e intreccia al montaggio le storie consentendo a due di esse di contaminarsi a vicenda.

Lascia però uno spazio eccessivo alla colonna sonora musicale che interviene (anche con canzoni) quando suoni e rumori (non necessariamente parole) sarebbero molto più efficaci. Non è pensabile che, con l’esperienza di attore di qualità che possiede, abbia temuto che alcune situazioni risultassero così deboli da dover essere sostenute con un soundtrack ad hoc anche perché ha messo insieme un cast di livello che ha saputo dare corpo alle emozioni che cercava senza bisogno di additivi superflui

Il permesso – 48 ore fuori
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TERMINATA