Otto Anderson, rimasto da poco vedovo, è un uomo rigido e incapace di relazionarsi con gli altri. Se la prende con qualunque persona che non rispetta alla lettera i regolamenti. Quando qualcuno entra senza permesso con l’auto nell’area riservata dove c’è anche il suo appartamento o non fa correttamente la raccolta differenziata, ci pensa lui a farglielo notare. Ogni giorno organizza infatti una ronda per controllare se c’è qualcosa che non va. In più non si è mai ripreso dalla morte della moglie Sonya a cui era legatissimo e programma il suicidio in più di un’occasione. A movimentare improvvisamente la sua esistenza c’è l’arrivo di Marisol e del marito che hanno affittato una casa di fronte alla sua. La giovane donna, già madre di due bambine e in attesa del terzo, irrompe come un uragano nella sua vita e tra loro nasce gradualmente un’amicizia che resterà per sempre.
Una ragazza che sta correndo per prendere un treno, un libro che cade per terra. Già questa immagine, come ricordo personale e come flashback, segna Non così vicino. È una pagina della vita di Otto che diventa un crocevia esistenziale decisivo.
E sono proprio i frammenti del passato, con i colori sfumati della fotografia di Matthias Koenigswieser a dare il tono di una favola dove però l’incantesimo sta per rompersi da un momento all’altro che riporta il cinema di Marc Forster verso gli esiti più riusciti del suo cinema come Neverland – Un sogno per la vita ma anche dalle parti della crudezza e anche umanità di Monster’s Ball. La memoria riprende vita sempre attraverso dettagli (il viaggio alle cascate del Niagara), oggetti, sogni spezzati e illusioni perdute.
Tratto dal bestseller “L’uomo che metteva in ordine il mondo” dello scrittore svedese Fredrick Backman e remake cinematografico di Mr. Ove, Non così vicino sembra un film realizzato agli inizi degli anni Duemila, con i tempi di un cinema sentimentale ormai perduto e Tom Hanks che caratterizza il suo personaggio con tratti che arrivano da Jack Nicholson e Robert Duvalldove dietro la scorza dura e il carattere intrattabile c’è tutta la sua storia che aspetta di essere raccontata. Inizialmente è troppo legato al film svedese del 2015 dove nella descrizione della quotidianità del protagonista del primo incontro con Marisol e la sua famiglia, c’è una scrittura così netta che non concede spazi.
Poi Non così vicino si scioglie progressivamente, trova il giusto equilibrio tra commedia e dramma (le lezioni di guida, lo scontro con il clown in ospedale) e rimanda alle atmosfere più intime del cinema di Robert Benton e ai magici fantasmi dei film di Brad Silberling che si affacciano nelle scene in cui Otto è davanti la tomba della moglie.