Sir Lionel Frost è un elegante avventuriero e un abile ed esperto cacciatore di mostri e creature mitologiche. Con suo enorme cruccio, l’alta società inglese non gli riconosce tali doti, così, quando riceve una lettera che promette di portarlo dritto allo Sasquatch, Frost sfida il club degli avventurieri e il suo rivale, Lord Piggot-Dunceby: se tornerà vincitore dovranno ammetterlo tra i membri. Ma a scrivere la lettera è stata proprio la leggendaria creatura, “l’anello mancante” tra la scimmia e l’uomo, la quale, stanca di essere sola, chiede a Frost di aiutarla a trovare i suoi simili. L’aitante Lionel dovrà dunque rivedere i suoi obiettivi, mettere da parte la vanità e quel pizzico di razzismo rimastogli incrostato addosso, e imparare a rispettare l’ipersensibilità del signor Link, adorabile e pelosone cugino degli yeti di montagna, perfettamente a suo agio nell’esprimersi in lingua inglese (meno avvezzo a comprendere i modi di dire, ma sarebbe pretendere troppo) e terribilmente, comicamente maldestro.
A spingere Frost verso il nuovo amico, anche a costo di bastonarlo un po’, è l’affascinante Adelina, vedova di Lord Fortnight e unica erede di una mappa per la mitica regione dello Shangri-La, nelle cui vene scorre veemente la voglia di avventura.
Sulla falsariga del classico “Giro del mondo in ottanta giorni”, sempre a partire da una scommessa, con Frost al posto di Fogg, Link per Passepartout e la messicana Adelina invece di Auda l’indiana, Chris Butler organizza un viaggio filmico dall’andamento ideale: mentre la presenza del lord invidioso e del suo sicario, sempre alle costole dei protagonisti, garantisce la tensione minima necessaria, scorre sullo schermo uno spettacolo per gli occhi, di cura e bellezza, colori e accessori, inserti cartografici e ambientazioni da vecchio western.
E se qualche gioco di parole si perde purtroppo nella traduzione, lo humour di certo non manca, in un film in cui nessun personaggio ama le visite, c’è una vecchia signora che si ciba solo di yak e una creatura mitologica alta due metri e mezzo e pesante 295 chili che vorrebbe tanto chiamarsi “Susan”.
Così, tra un completo di tweed giallo e azzurro, espressioni leggendarie quali “Corbezzoli!” o “Baggianate!”, un occhio ai pirati della Aardman, e un sapore di Hollywood anni Cinquanta, l’ultima animazione in stop-motion targata Laika Entertainment ci rivela che evolversi non significa affatto arrivare a far parte di un club esclusivo, al contrario: progresso è rispetto dell’altro, ribaltamento del luogo comune, società di mutuo divertimento. Evoluzione è inclusione.