A New York, Sylvia ha appena completato un percorso negli alcolisti anonimi e può dire di aver rimesso in sesto la sua vita, con un lavoro in un centro di assistenza, la guida severa ma presente per la figlia Anna, e un rapporto stretto con la sorella Olivia e la sua famiglia. Dopo una reunion del liceo, però, Saul la segue fin sotto casa e rimane ad attendere sotto la finestra per tutta la notte.
È un Michel Franco più pacato del solito quello che va ad affrontare il dramma psicologico di Memory.
Dopo gli ultimi Nuevo orden e Sundown, il regista messicano – noto per un cinema di stampo provocatorio e manipolatorio – riesce a concedersi uno studio di personaggi al cui centro non c’è la violenza che tutto annichilisce, ma un cuore meno netto e più umano.
Il tema della memoria è ovviamente cruciale, ma Franco sposta il focus da un più classico ritratto dei sintomi dell’Alzheimer (che pure c’è, nel Saul di Peter Sarsgaard che senza ribellarsi accetta soffusamente di veder svanire ogni ricordo a breve termine) a un gioco di specchi tra la memoria assente per malattia, quella rimossa per trauma, e quella costruita anche se forse inesatta.
È proprio a colpi di rimosso che si sviluppa l’avvicinamento tra Sylvia e Saul, che nelle rispettive mancanze di definizione mnemonica trovano terreno comune. Dal trauma, anche quando non lo si riesce a mettere a fuoco, ci si aspetta sempre un ritorno violento e distruttivo, ma per gli standard di Franco questo gruppo di individui arriva vicino come non mai a una catarsi quasi sana.
Attorno ai due protagonisti – Jessica Chastain è come sempre un mostro di precisione accademica nell’incarnare un personaggio guardingo, barricato dietro molteplici barriere emotive di titanio – c’è un cast di varia prossimità familiare che non solo include caratteristi eccelsi come Merritt Wever e Josh Charles, ma apre il film a una sottile e scomoda esplorazione di temi di classe nella società americana e di disparità tra coppie di fratelli e sorelle, visto che sia Sylvia che Saul pagano sventure di cui non hanno colpa con uno status subalterno dentro il nucleo familiare rispetto a Olivia e Isaac.
Figli prediletti e decaduti, vittime sacrificali per il successo altrui la cui sfida è lasciare indietro quel passato – così inaffidabile e menzognero nel ricordo – per mettere a fuoco il presente. Che il fratello e sorella (Charles e Wever) siano figure mosse comunque dall’amore è il guizzo inaspettato di Franco, il quale per una volta sceglie di complicare le cose nel sentimento piuttosto che di risolverle nel parossismo