Luì e Sofì, ovvero i Me contro te, ogni giorno caricano in Rete un nuovo video per raccontare le loro (dis)avventure. Grazie alla popolarità del loro canale sperano di essere invitati al concorso che assegnerà il Like Award, ovvero il premio per lo Youtuber più gradito dagli utenti. Ma il signor S, loro storico arcinemico, è in agguato, e vuole accaparrarsi il premio attraverso un piano diabolico: con l’aiuto del suo assistente, autonominatosi Cattivius, il signor S rapisce Luì e Sofì nascondendoli nel suo laboratorio sotterraneo e li sostituisce con due cloni per far loro promuovere in video uno slime che rende felici i bambini – almeno per un po’. Grazie alla popolarità dello slime e all’affetto dei fan per Luì e Sofì, soprannominati “trote”, S conta di conquistare il mondo e sancire la fine dei Me contro te, con l’aiuto di un’assistente che detesta sentir ridere i bambini e che si è guadagnata il nome di Perfidia.
La popolarità dei Me contro te fra il pubblico under 10, in particolare femminile, è gigantesca, e dunque questo loro debutto cinematografico ha un obiettivo principale: non deludere le “trotine” che li seguono quotidianamente su Internet.
Luigi Calagna e Sofia Scalia, che hanno raggiunto quella popolarità senza agganci partendo da un paesino siciliano (come si sente ancora in certe loro vocali strette), trasportano sul grande schermo le caratteristiche che li hanno resi celebri: due personaggi polarizzati – la pragmatica Sofì, regina delle liste e maestra in strategia e razionalità, e il pasticcione Luì, che pensa solo a divertirsi e prende tutto come un gioco -, una dinamica di coppia in continuo battibecco (Me contro te, appunto), e un’ingenuità di fondo che rende surreali le loro avventure, ma in qualche modo anche credibile (almeno sotto i dieci anni) la loro interazione.
Il regista Gianluca Leuzzi, che ha alle spalle le serie Eoghies e Untraditional (quest’ultima con Fabio Volo), più Like Me per Disney Channel, si mette completamente a servizio dei due protagonisti e dei loro codici di comunicazione elementare, ma prende a prestito dalla preteen television americana, soprattutto il seguitissimo Lazy Town, i colori psichedelici, il montaggio veloce (ma non schizofrenico) e le inquadrature che distorcono volutamente la prospettiva, dedicando una buona cura formale al prodotto e inserendo volutamente elementi che ci ricordano che stiamo assistendo ad una finzione web: il passaggio dalla casa dei Me contro te a quella della vicina che denuncia l’ambientazione da set, i protagonisti che fingono di muoversi in slow motion, e così via.
L’obiezione che si può muovere a Me contro te – Il film è a monte, ovvero alla celebrazione di un mondo fatto di like, parchi a tema, video, post, slime e assortiti prop contemporanei di matrice anglosassone. La morale dichiarata – “da soli si va più veloce ma insieme si va più lontano” – non basta a compensare il vuoto cosmico d’importazione in cui si muovono questi personaggi, peraltro di per sé gradevoli, al netto di alcuni eccessi fastidiosi.
Se la perfidia del signor S trova la sua radice nella sua solitudine (di qui l’iniziale del suo nome), il successo dei Me contro te trova il suo tallone d’Achille nel desiderio di conformarsi ad un modello molto lontano dall’italianità (e ancor più dalla sicilianità) il cui potenziale narrativo risale ai cantastorie, e non avrebbe nulla da invidiare al modello statunitense.