LED ZEPPELIN – THE SONG REMAINS THE SAME

UN DOC DELLA STORIA DELL'HARD ROCK , ESPERIENZA PSICHEDELICA A CUI ABBANDONARSI: I LED ZEPPELIN AL MADISON SQUARE GARDEN
LED ZEPPELIN –  THE SONG REMAINS THE SAME

Il 27, 28 e 29 luglio del 1973 la band britannica Led Zeppelin, all’apice del suo successo planetario, suona al Madison Square Garden di New York. Dopo una serie di quattro dischi rock incendiari che portano il loro nome, i tre concerti promuovono il loro quinto album, Houses of the Holy, pubblicato a marzo, di cui “The Song Remains the Same” è la traccia iniziale, anche se la scaletta prevede molti pezzi precedenti. Per volontà della band e del manager Peter Grant, che pensa a un film concerto da distribuire nei cinema, le tre esibizioni vengono filmate da Peter Clifton (già specializzato in regie musicali per Procol Harum, Beach Boys e altri).

La post produzione però si rivela più complicata del previsto, a causa di alcuni ostacoli tecnici: problemi di continuità tra una serata e l’altra, sostituzione di Clifton con un secondo regista, Joe Massot, l’incidente automobilistico che nel 1975 blocca Robert Plant e dà inizio alla parabola discendente del gruppo, segnata dalla morte di John Bonham nel 1980. E così il film The Song Remains the Same uscirà nelle sale statunitensi e britanniche solo ad ottobre del 1976 (e poco dopo nel resto del mondo), accompagnato da una colonna sonora omonima. E fino all’avvento del VHS sarà l’unica registrazione video dal vivo e ufficiale della band. L’edizione in uscita nelle sale nel 2024 ripete la scaletta di quella in DVD del 1999, poi ripubblicata anche in Blu-Ray nel 2007.

Non solo un film concerto e niente affatto una rock opera sulla scia dei vicini Tommy o QuadropheniaThe Song Remains the Same si potrebbe definire un documento della storia dell’hard rock e insieme un’esperienza psichedelica: 137 minuti di inconfondibile tiro rock/blues, distribuiti su solamente undici lunghe, ipnotiche tracce.

Assecondando il gusto dell’assolo del virtuosissimo chitarrista Jimmy Page, motore elettrico di una formazione passata agli annali per un’interazione gloriosa, primordiale, di chitarra-basso-batteria. Quindi, un po’ per spezzare i tempi delle performance sul palco e un po’ per arricchire di simbologia il concerto, si decide di aggiungere delle sequenze di finzione che coinvolgono tutti i componenti e anche il manager.

Sono parentesi slegate tra loro, caratterizzate da toni e contesti differenti e molte ingenuità: due scene di mafiosi con mitra e Rolls Royce e una situazione bucolica fanno da introduzione al concerto (con le due bombe rock “Rock ‘n’ Roll”, “Black Dog” e il mega blues “Since I’ve Been Loving You”). Situazioni prive di dialoghi, condite da un armamentario simbolico, tra i miti celtici e la mistica medievale: Plant cavaliere che cavalca solitario sulla spiaggia, Page alle prese col proprio corpo in diverse età della vita su “Dazed and Confused”, John Bonham sul trattore, John Paul Jones in costumi settecenteschi che suona un organo a canne… Ciò che segue è un collage tra queste parentesi e il meglio delle tre performance travolgenti e affollatissime, con un pubblico imbambolato, estasiato. Più qualche siparietto di backstage che stona con l’energia del tutto, mentre la perizia e la naturalezza di Page rubano la scena a Plant, chioma angelica e torso nudo a favore di pubblico, strizzato nei suoi iconici jeans.

Se già all’uscita la critica era stata tiepida verso il film, quando non acida (il critico del “New York Times” Richard Eder scrisse che Plant, “sembrava una pecora che cerca di sedurre un palo della luce”), questo non precluse il successo al box office.

Rimasterizzato in occasione della riedizione 2024, The Song Remains the Same partiva già da una qualità video e soprattutto audio molto alta, con riprese in pellicola 35mm e una registrazione audio quadrifonica a ventiquattro tracce, che esalta gli effetti di distorsione e la precisione dell’interplay. E il mix era stato supervisionato dallo stesso Page all’epoca.

È un film da ascoltare a volume alto e da guardare – sospendendo il giudizio sulle parti extra palco – con l’ammirazione e la curiosità con cui si osservano dei reperti in un museo archeologico: la Gibson double neck e il theremin di Jimmy Page, che suona anche con l’archetto, il Fender Rhodes e il Mellotron di John Paul Jones che dà il flauto di “Stairway to Heaven” (ripetuta sui titoli di coda), il prolungato assolo di John Bonham a mani nude su “Moby Dick”, che concede agli altri di uscire di scena per ricaricarsi. Un capitolo di storia del documentario musicale e un esperimento psicotropo, a cui abbandonarsi, nel ricordo di un mondo leggendario, irripetibile, scomparso.

LED ZEPPELIN –  THE SONG REMAINS THE SAME
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