La vita possibile

La proiezione di giovedì 24 è dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne. Ingresso ridotto per le donne
La vita possibile

 

 

La proiezione di giovedi 24 è dedicatta alla “Giornata Internazionale conto la Violenza sulle Donne” e vedrà presenti in sala le associazioni territoriali che si occupano di questo problema.

Ingresso ridotto per le donne il giorno 24 .

 

Anna abbandona la sua abitazione romana insieme al figlio tredicenne Valerio per sfuggire a un marito violento che la tormenta, e che le denunce e le diffide non sono riuscite a tenere a bada. La donna si rifugia a Torino nel microscopico appartamento soppalcato di Carla, attrice teatrale squattrinata ma ricca di entusiasmo, assai generosa nell’accogliere a braccia aperte l’amica in difficoltà. A Torino Anna cerca lavoro e una vita sicura per sé e per suo figlio, ma Valerio patisce la lontananza dal padre e dagli amici romani e cerca di alleviare la propria solitudine accompagnandosi a due stranieri (come lui): una prostituta dell’est che potrebbe essere sua sorella maggiore e un ristoratore francese ex calciatore e, dicono, ex carcerato.

 

CRITICA

“(…) Ivano De Matteo (…) ancora una volta va a rovistare fra i silenzi familiari e dirige un’orchestra di tre fragili insicurezze (…). L’autore della ‘Bella gente’ e dei ‘Nostri ragazzi’ non è il voyeur di una violenza maschilista ben nota, ma guarda al giorno dopo, alla ricostruzione, alle nuove dinamiche affettive, complete di probabilità e imprevisti e finale open. (…) Andrea Pittorino, bravissimo (…). In quest’intreccio di emozioni frenate, il film trova verità, calore, curiosità di vita, avvertendo che non tutto è perduto, tanto che alla fine il pallone areostatico metaforizza, con strappo retorico, quella vita possibile, cioè normale, fatta di tanti oggi messi in fila. (…) il film colpisce e si fa proteggere dalle bravure complementari di Buy e Golino, due Monica Vitti al prezzo di una: Margherita nella versione Antonioni, Valeria in quella Monicelli.” (Maurizio Porro, ‘Corriere della Sera’, 22 settembre 2016)

“Ivano De Matteo, rispettabile curriculum da attore e più breve ma incisivo percorso da autore-regista, è un valore non ancora del tutto emerso nel panorama non brillante del nostro cinema contemporaneo. Da fine indagatore nelle pieghe delle relazioni interpersonali messe alla prova dai sussulti della contemporaneità (finezza resa più interessante dal contrasto con i ruoli da attore, come Er Puma in ‘Romanzo criminale – La serie’). (…) Non è un film perfetto questo (…) ‘La vita possibile’. Non tutto torna, e tuttavia ha abbastanza forza ed energia (…) Andrea Pittorino, sensibile ed efficace (…). E’ bello che tutto resti aperto. (…) Così come che ‘il tema’ della violenza domestica sulle donne resti uno sfondo. Tuttavia non sempre e non tutta questa sospensione lascia soddisfatti e si avverte come risolta, non manchevole di qualcosa. Non, per esempio, l’occasione di affiancare due attrici di prima grandezza come Buy e Golino e di sfruttare le potenzialità dei loro personaggi che restano solo parzialmente espressi.” (Paolo D’Agostini, ‘La Repubblica’, 22 settembre 2016)

“Se nei suoi film precedenti (…) aveva messo in scena il progressivo sgretolarsi di famiglie apparentemente perfette, con ‘La vita possibile’ il regista Ivano De Matteo racconta invece una storia d’amore, di amicizia e speranza, nonostante il tema intorno al quale ruota il suo ultimo lavoro sia estremamente drammatico. (…) Margherita Buy, in un ruolo particolarmente doloroso (…) Andrea Pittorino, giovanissimo ma già molto bravo (…) una solare e accogliente Valeria Golino (…). II regista, che ha scelto di ambientare la storia in una Torino autunnale, vicina ai sentimenti dei suoi personaggi, ha raccontato per lo più la triste vicenda di una donna che ha conosciuto e di cui ha studiato gli atti processuali. Ma le storie come quella di Anna sono tante, alcune denunciate, molte altre taciute per anni e sfociate nel femminicidio, orrendo crimine più che mai attuale in questi giorni. Non c’è spazio per l’odio però nel film di De Matteo, che decide di non mettere in scena scene di violenza, inaccettabili per il pubblico. II regista comincia dunque la storia dopo l’ultima delle umiliazioni possibili, per rendere omaggio con il suo racconto (…) alla forza di una donna che risale la china, vince la sua battaglia contro la brutalità, i fantasmi del passato, le proprie insicurezze, e rinasce trovando la forza di ricominciare. Con l’augurio che tante altre donne imprigionate nel dolore e nella vergogna riescano a intraprendere lo stesso percorso.” (Alessandra De Luca, ‘Avvenire’, 22 settembre 2016)

“De Matteo suggerisce, non illustra; inquadra qualche raggio, non il sol dell’avvenire; non cerca la prassi, si ‘accontenta’ della potenza, del divenire, perché la conseguenza prima della violenza è il blocco, la stasi, la mera inazione. Non casualmente, ‘La vita possibile’ è un ‘on the road’ da fermo: eppur si muove, direbbe Galileo. Non tutto vi funziona, anzi, ma De Matteo ha qualche merito indiscutibile: filmare il dopo, innanzitutto, senza eludere la violenza ma senza limitarvisi; optare per una drammaturgia a fuoco lento, scansando l’ansia da prestazione patetica, le scene madri e la lacrima facile. Un’opzione minimalista, un’attitudine riflessiva che si potrebbe scambiare per minimismo poetico, piccineria stilistica: no, si chiama ascolto, mettersi in ascolto di una, seconda, vita possibile. De Matteo sceglie la semplicità degli elementi – ‘La violenza di un uomo, l’amicizia di una donna, lo sguardo di un bambino’ – e trova geometrie esistenziali variabili, empatiche, non ricattatorie, misurate anche nel dolore. Altre cose non vanno: la Golino, ‘poca’ ma assai brava, e Todeschini, bella scelta, meritavano più spazio, perché nei loro personaggi c’è più interesse, e verità, della coppia madre (Buy, non ai suoi massimi) e figlio. Insomma, i vasi drammaturgici non comunicano sempre al meglio, e nemmeno i pesi attoriali sono perfettamente calibrati, ma anche nelle secche, nelle stracche de ‘La vita possibile’ c’è una cosa preziosa: la vita.” (Federico Pontiggia, ‘Il Fatto Quotidiano’, 22 settembre 2016)

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