LA SIRENETTA

LA FIABA DI ANDERSEN TORNA IN UN LIVE ACTION CON LE CANZONI DEL CLASSICO ANIMATO
LA SIRENETTA

Ariel è una sirena, una delle sette figlie del Re Tritone, ma ha una passione per il mondo di superficie che il padre non gradisce. Rischia la vita tra gli squali per esplorare i relitti in fondo al mare e raccogliere oggetti della terraferma, per lei molto misteriosi. Quando durante una tempesta salva un bel marinaio, che è anche un principe, ne resta perdutamente innamorata. I divieti del padre servono solo a spingerla in direzione di Ursula, la strega del mare, che le offre di renderla umana in cambio della sua voce. Ariel accetta e avrà solo tre giorni di tempo per baciare il principe, un’impresa ulteriormente complicata dal sortilegio della strega, che gioca sporco e le ruba anche la memoria…

La fiaba di Hans Christian Andersen torna al cinema con le canzoni del 1989, purtroppo però anche con una durata malamente gonfiata fino alle due ore abbondanti.

Rispetto alla precedente trasposizione animata Disney viene introdotto qualche nuovo elemento, per esempio accennando alla morte della madre che sarebbe stata causata dagli uomini di superficie, o imparentando Ursula con il Re Tritone e dunque con Ariel stessa, ma questi pochi dettagli non bastano di certo a giustificare la lentezza con cui si trascina il film. Che risulta ancora più grave a fronte dell’agilità dell’originale animato, capace di sbrogliare la vicenda in soli 83 minuti.

Purtroppo oggi è impensabile che un simile minutaggio venga proposto in sala al grande pubblico, perché nell’era delle serie Tv e dei film in streaming, rischia di sembrare un’offerta “minore” e non il magniloquente evento che il cinema in sala deve promettere allo spettatore. Non sono però i minuti ad accrescere il valore di un’opera e quelli aggiunti a La sirenetta sono del tutto superflui e ne azzoppano malamente il ritmo.

A dirigere il film è stato chiamato Rob Marshall, esperto di musical, ma non ci sono fantasmagorie aquatiche degne di Esther Williams e il regista sembra effettuare poco più di un calco del film precedente anche nei numeri cantati. Con l’aggravante che oggi, dopo Avatar: La via dell’acqua le sequenze in fondo al mare appaiono tutt’altro che allo stato dell’arte in termini di effetti speciali.

Per ragioni diverse non va molto meglio in superficie, dove il regno del Brasile ha i cieli uggiosi della Danimarca – ed escludiamo che l’intento fosse di omaggiare Andersen. Inoltre, ed è forse il difetto più grave, la prorompente energia di Ursula, strega super-curvy fiera della propria sensualità – tanto da diventare una queer icon – è assai ridotta nella versione di Melissa McCarthy, a cui il regista impone una coreografia più castigata.

LA SIRENETTA
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