Da bambino Ettore Magni, figlio di due sbandati, ce l’aveva a morte con Babbo Natale perché non gli portava mai i regali. Da grande ce l’ha con il mondo, commette una rapina e trascorre sei anni in carcere, senza rivelare i nomi dei suoi complici. Ma una volta uscito di prigione il boss di allora, invece di ricompensare il suo silenzio, lo lascia senza un soldo e lo fa riempire di botte dai suoi scagnozzi. Anche la sua ex Laura non vuole più vederlo, né fargli vedere la bambina che lui ha abbandonato da piccolissima quando è finito in galera. A tendergli una mano è un anziano e distinto signore, Nicola Natalizi, che gli rivela di essere nientemeno che Babbo Natale. Ed Ettore, benché incredulo, accetta di fargli da assistente.
Io sono Babbo Natale passerà alla storia come l’ultimo film interpretato da Gigi Proietti, che presta la sua classe, i sui tempi recitativi impeccabili e la sua profonda umanità al personaggio di Nicola.
Èd è commovente vedere i siparietti fra Proietti e Marco Giallini nei panni di Ettore, in cui la romanità di entrambi viene messa a frutto per conferire calore e familiarità ad una storia improbabile proprio nella sua premessa. Peccato che a questa improbabilità “strutturale” si aggiunga anche l’occasionale illogicità e qualche errore di continuità, che interferiscono con la sospensione di credulità più della trama natalizia.
In generale Io sono Babbo Natale è ben scritto dal regista e sceneggiatore Edoardo Falcone, ricco di dialoghi gustosi e trovate divertenti, e sono degni di nota soprattutto le scenografie di Massimiliano Sturiale e gli effetti speciali a livello dei “film di Natale” hollywoodiani, che fanno volare la slitta di Babbo Natale su Roma, Parigi e Londra creando un momento emozionante pur nella sua evidente finzione. Gradevoli anche Barbara Ronchi nei panni di Laura e un insolito Daniele Pecci in quelli del suo nuovo compagno. Il mattatore però resta Proietti, che riesce a contenere la tendenza di Giallini a strafare e allo stesso tempo gli alza l’asticella, sfidandolo bonariamente a tenergli elegantemente testa.
Il risultato è una garbata commedia natalizia per famiglie di quelle che negli Stati Uniti si facevano soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, basata su una premessa “magica” ma correlata alla realtà, con un paio di messaggi edificanti come “puoi sempre cambiare vita, dipende solo da te” o “bisogna essere altruisti e agire in maniera disinteressata”. E la dedica finale “a Gigi” è l’ultimo saluto a un grande attore del quale Io sono Babbo Natale ci fa sentire la nostalgia in ogni inquadratura che o vede protagonista: un addio ricco di gratitudine e di affetto.