Lewis ha dieci anni quando perde entrambi i genitori in un incidente d’auto ed è costretto a trasferirsi dall’altra parte del paese, a casa dello zio Jonathan, il fratello della madre che non ha mai incontrato prima. Se lo zio gli appare subito eccentrico, la sua vicina di casa, Mrs Zimmerman, non lo è di meno, e la casa stessa lo è più di ogni cosa. Tra oggetti animati, misteriosi ticchettii e indisciplinati leoni erbacei, Lewis fa la conoscenza di un mondo magico e affascinante, che nasconde, però, anche alcuni pericoli. E sarà proprio una disobbedienza del ragazzino a risvegliare dall’aldilà il più minaccioso di essi.
Il regista horror Eli Roth e l’asso della commedia Jack Black stringono una curiosa alleanza per portare sullo schermo il primo dei dodici libri della serie di John Bellairs, originariamente illustrati da Edward Gorey, nel cui tratto inimitabile coesistevano soggetti spaventosi, macabri e inquietanti persino per occhi adulti, e una bellezza stilizzata e elegante.
Roth, con tutt’altro linguaggio e un uso potente del colore, riesce a sua volta nell’impresa di allestire un film visivamente elegante (e decisamente più barocco) instaurando un vero e proprio dominio dell’immagine sul racconto, e non per vezzo ma perché è ciò che domanda il copione stesso. La magia, infatti, come viene insegnato a Lewis, è una questione di stile, e non c’è dubbio che Clate Blanchett, col suo tailleur viola e i capelli ingrigiti da un dolore irreparabile, di stile ne abbia da vendere, e così è per zio Black, in vestaglia-kimono, e anche per il personaggio di Lewis, che possiede il suo fin dall’inizio ma dovrà imparare a farne un motivo di orgoglio e un elemento identitario.
Il film lavora naturalmente anche sul tempo, utilizzando il concetto come una chiave che apre diversi scenari: ambientato negli anni Cinquanta, prende in realtà a modello i classici per ragazzi degli anni Ottanta, per la combinazione di paura e divertimento, ma mette anche in scena una coppia di protagonisti adulti che vive un’evidente nostalgia per un tempo molto più lontano, metafora del passato in sé, di ciò che non è ancora stato ferito o deluso dall’avanzare della maturità: saranno loro a dover crescere, mettendo da parte le tentazioni iper protettive.
Questo genere di messaggi, insieme con la comicità di Jack Black, una spolverata di rock’n’roll per evocare un’altra sua famosa interpretazione, e la più lieta delle liete fini, concorrono a rendere il film perfetto per un pubblico molto giovane, coetaneo di Lewis e lontano generazioni dalla produzione per adulti del regista. Un futuro piccolo classico di Halloween per ragazzi, nel quale non c’è creatura mostruosa o paura che non possa essere tenuta a bada con un l’aiuto di qualche biscotto al cioccolato.