L’abuso spropositato delle risorse del pianeta ha provocato la frattura della calotta polare e lo spostamento dell’asse terrestre, scambiando il giorno con la notte e risvegliando i morti dal riposo eterno. A Centerville, da qualche parte in Ohio, il mondo chiede il conto agli uomini, divorati nei diner, dentro i motel ‘old school’ alla Psyco, nei centri di detenzione, nelle fattorie, nelle stazioni di servizio. A difendere l’ordine e la cittadina ci sono soltanto Cliff Robertson, capo della polizia di Centerville, Ronnie Peterson, agente che sembra sapere tutto di zombie e di eradicazione dei morti-viventi, e Mindy Morrison, poliziotta fifona che vorrebbe tanto fuggire lontano. Attaccati alle loro fissazioni terrene (caffè, Chardonnay, telefonini, chitarre, antidepressivi…) e risoluti a divorare ogni essere vivente, gli zombie dovranno vedersela anche con Zelda Wiston, impresaria di pompe funebri e virtuosa della katana. Spade o fucili, le cose volgono al peggio, a meno di non essere di un altro mondo…
Sei anni dopo aver immaginato dei vampiri decadenti e misantropi (Solo gli amanti sopravvivono), disattivando tutte le convenzioni del genere, i vampiri non gli interessavano come predatori ma come immortali, spettatori di quel tempo immobile che è l’eternità, Jim Jarmusch realizza una commedia sui morti viventi e conferma l’orrore che gli ispira il mondo contemporaneo. Un mondo che non ha più niente da offrire. I suoi migliori frutti sono già stati colti.
Se ieri a Detroit il vampiro di Tom Hiddleston esibiva quei frutti come vestigia di una civiltà scomparsa, oggi a Centerville lo zombie di Iggy Pop ‘incarna’ le vestigia degli uomini materialisti. Sulle note di Sturgill Simpson, la cui canzone presta il nome al titolo originale (“The Dead Don’t Die”), e sul filo delle referenze (Don Siegel, George A. Romero, Samuel Fuller, Robert Kirkman, Frank Darabont, Ruben Fleischer) avanzano Bill Murray, Adam Driver e Chloë Sevigny, habitué maggiori e cool dell’autore americano. Ma sotto una luna tenace e le disfunzioni inspiegabili che annunciano la fine del mondo, si trascinano lenti e spaventosi altri fedelissimi di Jarmusch come RZA, Iggy Pop e Tom Waits, tre musicisti che non esitano a lasciare il microfono per fare il (suo) cinema.
Se Tom Waits, uomo dei boschi, è il solo autorizzato a osservare la catastrofe senza esserne travolto, Iggy Pop, già autentico morto vivente del punk (Gimme Danger), si aggiudica la piena decomposizione della carne. Prima volta invece per Selena Gomez, che incarna una giovinezza che vorrebbe scampare l’apocalisse apparecchiata dalle generazioni precedenti. Su un pianeta dove tutto è fottuto, Jim Jarmusch esercita un’ironia irresistibile e rivela daccapo uno stile che si fa morale e visione del mondo.
Come la sua coppia di vampiri guarda l’umanità cadere e applica ai suoi zombie la vecchia ricetta della decollazione dopo averli risvegliati nella maniera più classica, grattando la terra fino a emergere una mano. Jarmusch dichiara subito il partito preso della tradizione in un dialogo tra Bill Murray e Adam Driver che hanno appena scoperto due cadaveri mutilati. “A cosa pensi?”, domanda il primo. “Penso agli zombie”, risponde convinto il secondo. Oltre a donare il tono del film, ironico e imperturbabile, questo scambio di battute assomiglia a una dichiarazione d’intenzione. Cosciente di partecipare al (gran) ritorno dei morti viventi sul grande e sul piccolo schermo, l’autore rinvia lo spettatore alle sue abitudini per poi spiazzarlo.
Se lo strappo al genere è meno incisivo di quello hip hop di Ghost Dog o quello rock di Solo gli amanti sopravvivono, I morti non muoiono continua ad abbracciare la pop cultura rivelandone l’inaspettato. Questa volta si tratta di zombie, i personaggi più ‘desti’ e apprezzati del cinema horror, terreno minato e insieme conquistato da Jim Jarmusch. Minato perché i fan dei morti viventi non amano troppo che ci si prenda delle libertà con queste creature, conquistato perché la figura del morto vivente è onnipresente nella sua filmografia.
Dal vagabondo di Permanent Vacation al killer solitario di The Limits of Control, i suoi eroi sembrano alla ricerca di un nutrimento sempre insufficiente. Ricercato vivo o morto era anche il William Blake di Johnny Depp nel western mistico del 1995 (Dead Man). E non si contano i numerosi revenants (torna pure Tilda Swinton) di I morti non muoiono, farsa ridondante di un mondo troppo vecchio. Perché alla maniera di Paterson le rime interne e le ripetizioni sono ancorate alla banalità di una smalltown senza qualità dove i vivi sono sovente più morti e viceversa.