Proiezione nel quadro del Festival ARS CONTEMPORANEA 2019
Interviene il regista del fil WALTER BENCINI
Alla maniera di Carducci, i butteri di Walter Bencini ‘cantano’ l’impronta profonda della Maremma e il vincolo culturale che li lega a quel lembo di terra selvaggia affacciata sul Tirreno. Traversando la Maremma, il regista indaga in quattro stagioni l’identità di luogo, quel sentimento di appartenenza a un’esperienza originaria collettiva e modellante. In quella terra allungata tra la bassa Toscana e l’alto Lazio, approfondisce la natura del legame tra uomo e paesaggio e disegna un’epopea intima sulle tracce degli ultimi butteri, allevatori a cavallo che hanno fatto di un mestiere una tradizione.
Facendo tesoro delle parole di Alessandro Zampieri, custode ruvido di un sapere antico che rifiuta la qualifica di cowboy e prende le distanze dal mito della Frontiera americana rivendicando un profilo locale e (anti)eroico, Bencini lavora sullo spazio interiore dei suoi protagonisti.
Epopea intima dentro orizzonti prossimi a cavallo, Gli ultimi butteri non ha bisogno di effetti speciali ma sceglie ammirevolmente di modulare le sue immagini sui toni di un poetico minimalismo, di una silenziosa e idilliaca elegia. Alessandro, Giacomo, Luca, Stefano sono tutti eredi dei butteri veneti che strapparono la terra alle paludi pontine, cavalcarono più di quanto camminarono e disarcionarono Buffalo Bill e la sua leggenda. Accomodati camera e sguardo nella frazione di Alberese, l’autore insegue geografie inesplorate o quasi dal cinema italiano, dissertando sulla relazione uomo-animale, natura e cultura. I suoi butteri anacronistici e sostenibili, che il mondo moderno vorrebbe assimilare in strutture e sistemi di allevamento che sfruttano al massimo la produttività degli animali, evocano (se Zampieri ci passa la suggestione) i fantasmi hollywoodiani che sorgevano dalle pianure e dalle colline sacre (degli indiani) del Dakota.
Come il Robert Mitchum di Nicholas Ray (Il temerario), non si risolvono ad abbandonare le redini. Ridotti ormai a un pugno di uomini dentro un paradiso perduto, rimontano in sella ogni mattina per pascolare esemplari magnifici di bovini maremmani, forniti di corna a lira che affondano nella civiltà etrusca e sfidano il nuovo Millennio. Allevate allo stato brado negli ampi pascoli ‘salini’, le mucche maremmane sono governate da cavalieri in sella pieni di vita e di storie da raccontare. Figura in via di estinzione, con le nuove tecniche di conduzione agraria e il declino delle attività legate alla gestione del bestiame a cavallo, quella del buttero sopravvive ormai in un numero limitato di imprese.
Racconto di economia contadina che appartiene a un passato remoto, Gli ultimi butteri registra una cavalcata eroica contro l’oblio di un mestiere trasmissibile solo attraverso l’esempio e l’esperienza diretta. Dopo aver raccontato i pescatori di Orbetello (I cavalieri della laguna), Bencini torna sulla terraferma e accorda il racconto contemplativo col film sociale, volto alla valorizzazione della Maremma e delle sue tradizioni. Le scoperte tecnologiche e l’influenza del digitale hanno provocato uno spaesamento palpabile nelle relazioni tra gli uomini e rallentato l’attenzione verso l’ambiente naturale, smarrendo il concetto di cultura tradizionale. Con la loro presenza storica sul territorio, i butteri di Alberese sedimentano una pratica antica che cerca forze nuove per (r)esistere.
Quella di Bencini è un’ode alla libertà e alla legge di natura che nutre una testimonianza di assunzione e di accettazione, che ispira un film spogliato di qualsivoglia eccesso narrativo e formale. Tra western del XXI secolo e documentario sull’Italia invisibile, Gli ultimi butteri è una dichiarazione politica, un gesto appassionato, un soffio bucolico.