Faithfull

INTERVISTA ALL'ICONA DELLA SWINGIN' LONDON: IN CERCA DELLA CREATIVITÀ DI UN'ARTISTA SOPRAVVISSUTA A SE STESSA.
Faithfull

ANTEPRIME E INTRATTENIMENTO MUSICALE

NEL QUADRO DI STORIE DI STORIA 2017

Ore 18.00 e 21.30 – FAITHFULL di Sandirne Bonnaire – ANTEPRIMA NAZIONALE

Ore 19.00-21.00 – APERITIVO al “909 Cafè” –  Omaggio a MARIANNE FAITHFULL e NICO – DJ SET con GIGIO & FABIO

Ore 21.30 – (prima del film) La sociologa GIUSTINA ORIENTALE CAPUTO (Ass. Soggetto Donna) interviene sul tema “Gli anni 60 di Faithfull e Nico tra emancipazione subordinata e ambigua rivoluzione sessuale”. Introduce il critico cinematografico ANDREA FIORAVANTI

Ingressi al cinema:

Faithful e Nico, 1988: un film 7 € – due film € 10.00
Pacchetto un film a piacere + aperitivo + DJ set:  € 12.00

Infoline 335 5858310 

Chi è Marianne Faithfull? Con sintesi cinematografica davvero ammirevole prova a raccontarlo l’attrice Sandrine Bonnaire (Giovanna d’ArcoIl buio nella menteConfidenze troppo intime), già da un decennio passata dietro la macchina da presa. È la ragazzina angelicata che a metà anni ’60 viene notata da Andrew Loog Oldham, allora manager dei Rolling Stones, e lanciata con hit come “As Tears Go By”. La bellezza irraggiungibile della Swingin’ London scaraventata nello spettacolo, con genitori eccentrici e avventurosi. La sposa e madre che scandalizza l’opinione pubblica fuggendo con Mick Jagger, per poi lasciarlo prima che lo faccia lui. L’amica di sballo di Anita Pallenberg, fatta a pezzi dai gossip dopo una nota retata poliziesca a casa di Richards. La ventenne dei tentati suicidi, la homeless (a Soho, stesso set di Irina Palm, che nel 2007 la riporta nel cinema d’essai), tossicodipendente, autoesiliata negli Stati Uniti e poi espulsa come undesiderable alien, “straniera indesiderata”.

La sopravvissuta, la fortunata, la disgraziata, la combattente. Una revenantdella musica, songwriter e interprete di valore sbocciato solo a vitale distanza dalla fama e complicità schiacciante del duo Jagger/Richards.

In un continuo andirivieni temporale, i look floreali degli anni 60 rincorrono i primi piani di oggi e il confronto è spiazzante. Tra i due poli, una produzione costante in studio di registrazione, a partire da “Broken English” (1979), filmato in video da Derek Jarman (l’album con “The Ballad of Lucy Jordan”, che risuona anche in Thelma e Louise) fino alla raccolta di cover “Easy Come, Easy Go” (2008), con guest come Nick Cave, Cat Power, Jarvis Cocker, il sontuoso “Give My Love To London” (2014) e “No Exit” (2016), con cui Faithfull ha festeggiato, anche con un tour, il suo mezzo secolo di attività. Nei teatri (come il Bataclan, prima e dopo l’attentato) insieme a una super band: Rob Ellis, Rob McVey, Ed Harcourt, Warren Ellis.
L’obiettivo della Bonnaire, come lei senza tetto né legge, la inchioda a più riprese, nell’arco di un anno e mezzo, a domande non pruriginose ma nemmeno confortevoli, che, tra estratti di live e registrazioni, spesso la riportano a un passato duro, oscuro, infernale. È infatti la voce spezzata della Faithfull che in inglese declama il dantesco Canto Primo ad aprire questa ricognizione molto empatica e documentata di vita dentro e ai margini dallo show business. Con una chiusa da “La Tempesta”, perché la materia onirica alimenta anche la mitologia del rock. Ma in campo chiede spazio anche la voce della Bonnaire, che aspetta con sussurrata insistenza la possibilità di piccole epifanie: come il raccordo in montaggio tra la supplica alla regista perché spenga la macchina da presa e il “please” di Sister Morphine, «il vero inizio della mia vita creativa», di cui Marianne scrisse il testo. Faithfull è un riconoscersi tra artiste non convenzionali, teso alla rivelazione progressiva di un talento a lungo oscurato dalla dipendenza. Quel craft che è capacità e felicità di scrivere ma anche di dare nuova interpretazione ai testi, in un cantato tra Brecht e punk, eredità nobile tedesca e inglese sporcato dalla street life, vestigia di stiffness britannica e anticonformismo apolide.
Chi è Marianne Faithfull? Un’artista che ha avuto mille vite e due corpi, ma anche due voci, una soave e innocua, l’altra cavernosa, intermittente, sincera al punto da farsi ancora male, ma tramite la quale ha trovato se stessa. Un’antidiva che vuole ancora imparare dalla vita e sorride, anche con gli occhi, a ogni frase. Sottotitolo all’edizione francese: fleur d’âme. Per Bonnaire: un’artista fragile, a fior di pelle.

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