BABY BOSS 2 – AFFARI DI FAMIGLIA

LO SPASSOSO VIAGGIO A ROTTA DI COLLO ATTRAVERSO L'IMMAGINAZIONE DI UN ADULTO MAI CRESCIUTO.
BABY BOSS 2 – AFFARI DI FAMIGLIA

Tim Templeton è diventato grande “troppo in fretta”, si è sposato con Carol, che in famiglia “porta a casa il pane”, e ha due figlie, Tabata e Tina, ma ha perso i contatti con il fratello minore Ted, diventato un pezzo grosso nel mondo del business. Come da bambino, Tim ha un’immaginazione molto accesa che gli fa vedere la realtà in un’ottica tutta particolare: e questo aiuta a rendere la quotidianità più interessante e avventurosa, ma spesso distorce i fatti e le persone in funzione delle sue paure e del suo senso di inferiorità. Tim vorrebbe diventare un adulto a tutti gli effetti e prendersi cura delle figlie, in particolare di Tabata che sembra imbarazzata dalla sua presenza, e recuperare l’intimità perduta con il fratello minore, e troverà un’insolita alleata nella piccola Tina.

Dopo il successo di Baby Boss la Dreamworks si lancia nel sequel riproducendo alcuni degli elementi chiave del film precedente: in primis l’immaginazione galoppante di Tim, che consente un’animazione pirotecnica, e il ruolo del “narratore inaffidabile” che ci fa vedere tutto secondo l’ottica soggettiva del protagonista.

Viene dal primo film anche la gag del neonato parlante (già assai sfruttata dalla saga di Senti chi parla) dagli atteggiamenti dittatoriali, che in Baby Boss era Ted e ora è Tina. Il tenersi ancorati al franchise però rischia di sabotare la vera linea narrativa vincente di questo episodio, che è il tentativo di Tim di ricostruire il suo rapporto con Tabata in cerca della propria identità a prescindere da quel padre amorevolmente ingombrante.

Questa linea richiama il mix di tenerezza e impaccio ben raccontato da Pete Docter in Inside Out, che era basato sulla sua relazione reale con la figlia alle prese con l’adolescenza. Tom McGrath, regista e sceneggiatore di Baby Boss 2 (nonché della saga diMadagascar, spinoff compresi) racconta bene le insicurezze di una bimba che “vuole diventare un’adulta di successo come suo zio Ted”, e i goffi tentativi di suo padre per aiutarla, con la paura che “di lui non abbia più bisogno”.

La storia permette a Tim e a suo fratello Ted di tornare indietro nel tempo e riscoprire il loro legame fraterno, ma quel ritorno al passato è ancora più funzionale al recupero del rapporto fra Tim e sua figlia, fino ad una commovente scena che ricorderà (in chiave però positiva) il finale dello straziante arco narrativo di Bing Bong in Inside Out.

Al di là della trama che riguarda la multinazionale segreta Baby Corp diretta dai bambini, superflua se non come pretesto per creare una serie di gag visive divertenti, il vero scopo di Baby Boss 2 è raccontare la difficoltà di un genitore nel vedere i propri figli allontanarsi. C’è anche una sottile linea di dissenso nei confronti delle scuole di eccellenza che si nutrono (e nutrono i loro alunni) di competitività e conseguente stress, e una stoccata al mondo degli adulti che lascia ai figli un’eredità di “inquinamento, politica e guerre”.

Come il suo predecessore, Baby Boss 2 è un viaggio a rotta di collo attraverso l’immaginazione di un adulto mai cresciuto, ma anche una commovente storia di amore paterno da parte di un giovane uomo impegnato a “capire veramente cosa sia un genitore capace”. Ciliegina sulla torta (per gli spettatori adulti) è la colonna sonora, che mischia Enya al Rocky Horror Picture ShowCat Stevens a Frank Sinatra.

BABY BOSS 2 – AFFARI DI FAMIGLIA
PROGRAMMAZIONE
TERMINATA