Venti di guerra sferzano il mondo. E così anche in una lontana città abbracciata dalla lussureggiante campagna il conflitto si espande tra le strade, le piazze, i vicoli. I soldati marciano, i soldati perquisiscono, i soldati prelevano. Lo fanno anche nel palazzo dove vive una madre con il suo bimbo appena nato. Su di loro veglia la cagnetta Bianca, che però nulla può contro le armi e la crudeltà degli uomini. Bianca riesce comunque a salvare il piccolo, anni dopo diventato parte integrante del branco di cani che ruzzano per i prati fuori città. Un giorno tutto si complica: il bambino viene catturato dai soldati e internato in un campo, dove gli ufficiali e il Comandante aspettano con trepidazione l’arrivo del Dittatore…
Girato in diciannove mesi, e con un’animazione 2D, Arf è un altro tassello del doloroso mosaico della Settimana della Memoria.
Ci sono salsicce da arraffare e rastrellamenti da scampare, corse in mezzo ai prati e patate da sbucciare, lupi da conquistare e dobermann da accarezzare. E poi macellai strozzini, gerarchi folli, bambini con la testa rasata, madri scomparse, città occupate. Come tenere insieme tutto questo con la piccola, piccolissima storia di un bambino senza nome, senza genitori e senza parola che si connette agli altri solo con un “arf”? Che rotola, fa pipì e si accuccia come un cane? Che è capace di rubare in una bottega per sfamare il suo branco e liberare da un lager i confinati?
Sarà stata la domanda principale che tormentava le notti creative di Anna Russo e Simona Cornacchia: scrittrice di romanzi per bambini la prima, storyboard artist/illustratrice/regista la seconda, Russo nel 2010 ha pubblicato per Mursia “Il baffo del dittatore”, ripreso adesso con il titolo di Arf da Cornacchia, qui alla sua prima firma in solitaria con il supporto della Genoma Films di Paolo Rossi Pisu, Antonio Pisu e Marta Miniucchi (già dietro il Gianni Schicchi di Damiano Michieletto e soprattutto Est – Dittatura last minute). Mettere su carta e pennello un qualcosa che schivi e allo stesso tempo ragioni su La vita è bella e Il bambino con il pigiama a righe, insomma.
Il modo (forse) è uno e soltanto uno: tirare dritto. Tirare dritto, cioè, con quel labile equilibrio che si crea tra il segno animato scelto e il senso ultimo della storia – qui con la minuscola e la maiuscola assieme -, scegliere e portare avanti il proprio precipitato di forma e soggetto. L’abbiamo già visto qualche settimana fa con Il fantasma di Canterville, punto mediano tra il motto senza tempo di Oscar Wilde e le naturali richieste contemporanee, trattenuto ma esatto intruglio che è quello e nient’altro.
Arf (personaggio) è questo e niente altro: novello Mowgli, non ha una foresta da esplorare ma un prato verdeggiante sul quale appisolarsi, non vive in contrapposizione al fuoco e alla civiltà ma se ne approfitta per sfamare la sua famiglia-branco. Arf, Mowgli, Arf ragazzo della giungla così come affronta l’impervia prova di aprire un frigorifero dentro il quale è rimasto intrappolato un cagnolino del suo gruppo sorprendendosi per l’uso del pollice opponibile, Arf, dicevamo, allo stesso modo affronta gli ufficiali del campo di concentramento e le loro regole. Ma Arf è anche altro, novello Kaspar Hauser incapace di leggere e scrivere, parlare e stare dritto. Arf, Kaspar Hauser, Arf Hauser continua però a fare quello che sa fare, così non spiccica parola ma riesce a comunicare con gli altri bambini, non comprende dove sta ma sente che lì c’è il male e decide così di far scappare tutti.
Arf (film) fa la stessa cosa. Prende un segno più classico, conciliante e rotondo possibile e lo porta avanti fino alla fine, con le linee morbide del branco e gli occhioni giganti di Arf, i colori pastello della campagna e la faccia accogliente di Bianca. E lì fa scontrare con il tratto medievaleggiante della città, i palazzi incrinati espressionisti, i corpi tutti spigoli e angoli dei soldati. Un contrasto, un conflitto, non ingenui ma semplici perché ridotti ai suoi minimi termini, con un andamento a scartamento ridotto da animazione d’altri tempi, pochi dialoghi e tanti rumori ambientali – il fruscio delle foglie, le patate che cadono in acqua, gli stivali sul legno. Favola (nera) per i più piccoli, annotazione per gli adulti, Arf è conservativo ma coerente nella scelta che fa, non punta il dito ma sottolinea, abbaia ma non ferisce.