LUMIÈRE – L’AVVENTURA DEL CINEMA

UN DOC INDISPENSABILE PER I CINEFILI PURI E PER CHI VUOLE RICORDARE UN'EPOCA PIENA DI ENERGIA.
LUMIÈRE – L’AVVENTURA DEL CINEMA

Chi credeva di conoscere i Fratelli Lumière solo perché ha contezza delle loro più famose “vedute” – L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, L’uscita dalle officine Lumière, La battaglia di palle di neve – dovrà ricredersi davanti ai 120 brevissimi film inediti firmati dai padri del cinema, restaurati dal laboratorio “L’immagine ritrovata” della Cineteca di Bologna e presentati da Thierry Fremaux, Direttore artistico del Festival del cinema di Cannes e dell’Institut Lumière di Lione, che riprende il suo viaggio iniziato nel 2017 con Lumière! La scoperta del cinema. La voce narrante in francese di Lumière – L’avventura del cinema è proprio quella di Fremaux (in italiano quella di Valerio Mastandrea, che purtroppo non rende giustizia all’originale): ma quel che conta sono soprattutto le immagini, sorprendentemente moderne e ricche di suggestioni per la contemporaneità.

Le “vedute” dei Lumière ci raccontano non solo un modo di intendere il cinema nel suo divenire iniziale, il coraggio e l’inventiva con cui i fratelli Louis e Auguste si sono gettati nell’impresa di catturare il reale con la loro cinepresa a manovella, ma anche un mondo scomparso, un’epoca di grandi fermenti e di grandi sommovimenti sociali, e una serie di città (fra cui anche Napoli e Venezia) com’erano fra la fine dell’800 e gli inizi del secolo scorso.

Se, come dice Fremaux, i Lumière e Georges Méliès stanno al cinema delle origini come Rossellini e Fellini a quello del Dopoguerra, il suo documentario dimostra che i primi (come del resto Rossellini) non erano meri documentaristi del reale, ma sapevano inserire importanti elementi di narrazione all’interno di quei primi frammenti di cinema da 50 secondi ciascuno, anche intervenendo sulla messa in scena e sull’azione da far compiere ai propri “attori”.

Di più: Lumière – L’avventura del cinema “ci fa riflettere sull’importanza delle immagini e sull’assunzione di responsabilità di ciò che si vuole raccontare che comporta la loro rappresentazione per ogni cineasta. Il cinema è un’arte etica, e deve essere uno strumento di pace”, dice Fremaux, inserendo il lavoro dei Lumière nella “conversazione” politica attuale.

È però soprattutto un’emozione scoprire quali e quanti soggetti siano stati raccontati dai due registi (e scoprire, grazie ad un’unica veduta girata da Auguste, che forse era lui il vero talento registico, anche se dietro la cinepresa c’è praticamente sempre stato Louis), e come i fratelli avessero capito fin da subito il valore di un’inquadratura, di una profondità di campo, di un’angolazione di ripresa, di un carrello avanti e indietro (anche nel tempo), di un ralenti o una velocizzazione dell’azione, del movimento inverso, delle panoramiche verticali, o degli effetti speciali ante litteram.

C’è tanta grazia in queste immagini, tanto entusiasmo per quel nuovo giocattolo capace di rivelare verità nascoste, e tanto umorismo, dalle scenette come “L’innaffiatore innaffiato” ai quadretti famigliari in cui i bambini, soggetto privilegiato dai Lumière anche per la loro capacità di compiere azioni imprevedibili in scena, non fanno mai quello che il regista ha loro suggerito.

LUMIÈRE – L’AVVENTURA DEL CINEMA
PROGRAMMAZIONE
TERMINATA