All We Imagine As Light – Amore a Mumbai

Un film intenso, elegante e fortemente sensuale in cui la regista si dimostra eccezionale nel cogliere ogni sfumatura.
All We Imagine As Light – Amore a Mumbai

Prabha è un’infermiera nel reparto ginecologico di un caotico ospedale di Mumbai. Tramite un matrimonio combinato ha sposato senza conoscerlo un uomo che subito dopo si è trasferito in Germania, senza farsi praticamente più sentire. La donna divide un microappartamento con un’infermiera più giovane, Anu, che è innamorata di Shiaz, un ragazzo musulmano inaccettabile agli occhi della sua famiglia indù (così come lei è inaccettabile per la famiglia di Shiaz). La terza protagonista è la città di Mumbai, metropoli sovraffollata “costruita dalle mani della povera gente” e punteggiata da condomini alveari in cui ognuno ha poco spazio per sé ma coltiva grandi sogni, perché “bisogna credere nelle illusioni, altrimenti si impazzisce”. Una città che annulla le singole individualità e dove il lusso sfrenato è riservato a pochi privilegiati, così come è discriminante la società indiana che attraverso le sue regole rigide e millenarie esercita una pressione incontestabile sulle vite delle persone, soprattutto (ma non solo) quelle di sesso femminile.

All We Imagine As Light, opera seconda della regista indiana 38enne Payal Kapadia, coprodotta da Roberto Minervini, è una storia che ha il sapore dei romanzi di Jane Austen.

Racconta con immensa tenerezza la storia di due donne (anzi tre, perché c’è anche un’infermiera più anziana, Parvati, sfrattata dalla casa in cui ha vissuto per 22 anni) i cui desideri e aspirazioni si scontrano con un assetto sociale che le relega in un angolo e preclude loro soddisfazioni e sentimenti. Le due protagoniste di All We Imagine As Light affrontano però i limiti loro imposti in modo opposto: Prabha seppellisce le sue speranze in fondo al cuore, conscia che a Mumbai e dintorni “non è possibile sfuggire al proprio destino”; Anu invece cerca ogni occasione di fuga e di incontro con Shiaz, rubando attimi di gioia e leggerezza, e guadagnandosi solo per questo la nomea di sgualdrina fra le altre infermiere.

Kapadia entra a fondo nell’intimità degli spazi angusti in cui è confinata la vita di Prabha e Anu (persino il formato del film è più ristretto del normale), perlustra gli spazi della città e della natura circostante, inzuppa il suo racconto di piogge monsoniche e utilizza le musiche del giovanissimo montatore e cantautore Topshe per sottolineare le differenze fra le due protagoniste, ma anche le svolte della narrazione, e verso il finale fa sfociare la storia di Prabha in una sequenza di realismo magico di rara poesia.

All We Imagine As Light è in film intenso, elegante e fortemente sensuale senza essere esplicitamente sessuale (ma l’unica scena di sesso del film è una delle più realistiche e commoventi viste nel cinema recente).

La narrazione composta di Kapati lascia perfettamente intuire il vulcano che la società indiana nasconde, e che forse avrà la potenza di sovvertirla, o forse si limiterà a regalare piccoli momenti di respiro e di rivalsa alle donne come Prahba e Anu, che non fanno nulla di male ma vogliono per sé qualcosa di meglio di quello che il mondo ha già deciso per loro.

All We Imagine As Light è la dimostrazione che nell’arte ciò che conta non è tanto il cosa – perché la storia che racconta è semplice e non particolarmente originale – quanto il come: ed è nel “come” che Kapadia si dimostra una regista eccezionale, capace di cogliere ogni sfumatura dell’universo narrato, ogni luce, ogni sguardo, ogni dettaglio, ogni piccolo spostamento dell’anima. Le corrispondono in bravura le due attrici protagoniste, Divya Prabha nei panni di Anu e soprattutto Kani Kusruti, la cui intensità recitativa fa di Prabha un magnete irresistibile, e un grido soffocato che è impossibile non ascoltare.

All We Imagine As Light – Amore a Mumbai
PROGRAMMAZIONE
TERMINATA